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18-04-2024 08:55

Ho aperto questo sito con una finalità diversa da quella tipica di uno studio legale;

il mio obiettivo è quello di far conoscere ai lettori il risultato della mia esperienza venticinquennale in ambito penale.

L'iter espositivo mira a delineare il fenomeno mafioso, fornendone un'esatta definizione, e a far conoscere gli schemi logici per individuare i soggetti mafiosi.

Alla base del mio lavoro saranno illustrati i fatti storici, trattati nella mia attività professionale, nel suo evolversi e senza commento alcuno.


Inserirò i documenti originali, nel rispetto delle norme sulla privacy.

- I -

Nel gennaio 1981 mi sono iscritto all'Albo dei Procuratori legali ed ho trattato molteplici processi cosiddetti di mafia (per il solo fatto che è stato contestato l'art. 416 bis del codice penale).

- II -

Nella primavera del 1983 è stato celebrato il primo processo (cosiddetto di mafia) dove veniva derubricato, per la prima volta, ad un gruppo di persone l'associazione mafiosa, per come disciplinata e regolamentata dall'articolo 416 bis del codice penale.

Per mera completezza evidenzio che questo articolo è stato inserito nel nostro codice penale allorquando il Legislatore italiano si è accorto dell'esistenza di questo fenomeno dopo l'omicidio del Generale C.A. Dalla Chiesa, avvenuto nei primi di settembre del 1982.

La sentenza (emessa nel giugno 1984), mio punto di partenza e di riferimento, ha una motivazione, unica nella storia dei processi cosiddetti di mafia.

Il Collegio Giudicante dell'epoca, ha statuito quanto segue:

la struttura del 416 bis è composta da 3 elementi:

•  elemento istituzionale;

•  delinquenza organizzata;

•  cittadino.

- III -

Nel processo a cui mi sono riferito poc'anzi, a dire del Collegio Giudicante, mancava l'elemento istituzionale, per cui il Collegio ha conclusivamente affermato che l'associazionismo mafioso, per come portato al suo esame dalla Pubblica Accusa, nel territorio della Sibaritide non esiste.

Da questa motivazione mi viene spontaneo dedurre che, quando i cittadini sono vittime della delinquenza organizzata e si rivolgono alle istituzioni, queste intervengono per tutelarne i diritti costituzionalmente garantiti (in questo caso si ha una forma di associazione a delinquere semplice).

Mentre, nell'ipotesi in cui le istituzioni sono colluse con la delinquenza organizzata, i cittadini purtroppo diventano omertosi perché vengono a trovarsi in una situazione di debolezza e fragilità psicologica e non si sentono tutelati, perché manca loro un punto di riferimento (in questo caso l'associazione a delinquere è di tipo mafioso, perché esiste collusione fra delinquenza organizzata ed istituzioni).

- IV -

Per continuare l'escursus faccio presente che il Procuratore della Repubblica dell'epoca ha appellato quella sentenza.

La Corte di Appello, ribaltando la motivazione del Tribunale, ha affermato che, anche in mancanza dell'elemento istituzionale nel processo, può affermarsi l'esistenza del fenomeno mafioso.

La Suprema Corte di Cassazione ha confermato questo orientamento della Corte di Appello.

Pertanto, alla luce delle variegate motivazioni processuali si è giunti alla determinazione che anche i delinquenti comuni (in assenza di collusione con le istituzioni) possono assumere il titolo e la qualifica di mafiosi.

- V -

Profondi conoscitori della materia giuridica hanno contestato tale orientamento, affermando che la determinazione a cui sono giunti (Corte d'Appello e Cassazione) non corrisponde alla quotidianità ma, altresì, affermano che la mafia non esiste in assenza dell'elemento istituzionale che rappresenta un 'pezzo' importante e determinante per l'esistenza di questo fenomeno degenerativo.

I 'teorici' dell'antimafia creano volutamente (forse inconsapevolmente) confusione nel cittadino, allorquando associano il concetto di mafioso con quello di delinquente comune.

Infine, dopo queste considerazioni, viene spontaneo pensare che la mente direttiva e pensante di quel fenomeno degenerativo, comunemente conosciuto come fenomeno mafioso, è nelle Istituzioni dello Stato.

- VI -

I 'teorici' dell'antimafia sorretti alcune volte da specifiche forze politiche ingenerano volutamente disorientamento, come già suesposto, perché coloro che effettivamente lottano contro la mafia rappresentano un serio pericolo per il sistema e molto spesso vengono delegittimati con vari metodi e mezzi, quali:

•  uso distorto dello strumento giudiziario;

•  utilizzo inappropriato delle strutture psichiatriche (tendenza a far passare per pazzo un soggetto affidabile e veritiero);

•  utilizzo illegittimo delle Istituzioni dello Stato, al fine di rendere impossibile la normale vita di relazione civica e civile al soggetto collaborativo.


I casi che verranno portati alla conoscenza del lettore riguarderanno queste specificità.