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19-04-2024 08:49

 

Altro caso che sottopongo alla lettura riguarda l’omicidio di Giovagnone De Cicco Antonio.

Come ho fatto per gli altri procedimenti lascio agli incarti processuali tutti i passaggi di rito, dalla fase delle indagini fino alla sentenza definitiva.

Trovo lo spunto per evidenziare alcuni aspetti che fuoriescono dalla ordinaria cognizione.

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Succede quasi sempre che il proprio assistito racconta l’effettivo accadimento dei fatti, per concordare una linea difensiva.

Anche in questo caso ho chiesto al mio assistito: sei coinvolto in questo fatto delittuoso, in quali termini ed in che misura ?

Relativamente a questa fattispecie processuale il mio assistito ha risposto in maniera lapidaria: sono innocente e completamente estraneo.

All’espressione non troppo convinta del mio viso ha aggiunto: quando sono successi i fatti (in particolare nella fase organizzativa, per come contestato) mi trovavo da tutt’altra parte.

 

Mi indicava cinque testimoni, tutti completamente estranei a qualunque circuito criminale.

Ero contento sia perchè il mio assistito era estraneo ai fatti, sia per la facilità con la quale potevo dimostrare la sua innocenza.

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Però, in sede di udienza preliminare, il mio assistito veniva consigliato dal difensore di altri imputati di chiedere il rito abbreviato (comportava una vantaggiosa riduzione della pena).

Tale rito, all’epoca dei fatti (per giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione), non consentiva di sentire testimoni.

Pertanto, concordai con il mio assistito di percorrere il rito ordinario (rinunciando, di fatto, ai vantaggi del rito abbreviato).

 

Dopo questa impostazione difensiva, sono successe cose ‘strane’:

  • Il mio assistito veniva prima ‘consigliato’ (da altri) di accettare il rito abbreviato;

  • poi gli veniva imposto;

  • non è la sede adatta per altre precisazioni sugli accadimenti.

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Il mio assistito subisce una condanna a trenta anni di reclusione (oltre accessori).

Nell’atto di appello ho riportato tra l’altro:

Se chiarezza e giustizia va fatta al malcapitato xxxx, la Corte dovrà accertare e prendere atto se vi è stata una serena e consapevole accettazione del rito abbreviato, nonché una volontaria rinuncia ai testi a discarico che lo avrebbero completamente scagionato….

 

In un atto di rinuncia al rito abbreviato, di data successiva, riportavo fra l’altro:

 

  • che nei motivi d’appello il xxxx ha chiesto specificamente che “”la Corte dovrà accertare e prendere atto se vi è stata una serena e consapevole accettazione del rito abbreviato.””

  • che il xxxx ha sempre manifestato la volontà di essere giudicato col rito ordinario (vedasi trascrizioni dei verbali d’udienza oppure le relative registrazioni); mentre in assenza dei difensori di fiducia, lo si vedeva accettante un giudizio con rito abbreviato, non rispondente alla propria pregressa determinazione; …

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Durante la fase di appello il mio assistito mi ‘invitava’ a non partecipare perché non erano stati graditi ad ignoti i miei scritti difensivi.

Inoltre, ignoti gli avevano assicurato una sentenza assolutoria.

In quell’occasione ho ripetuto al mio assistito (per averlo già compiutamente motivato in sede di colloquio): TI STANNO FREGANDO.

Ovviamente il riferimento non era agli Organismi Istituzionali che lo stavano giudicando.

La Corte ha confermato la condanna a trenta anni di reclusione (oltre accessori) al mio assistito.

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Il motivo per cui mi sono soffermato su questa vicenda riguarda un altro aspetto.

Infatti, un altro imputato del processo, qualificato dagli Organi Inquirenti pari – grado del mio assistito, veniva mandato assolto.

Dopo circa un mese e mezzo quella persona veniva barbaramente uccisa sulla statale SS106, insieme ad un altro.

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Per non appesantire il lettore, ulteriori approfondimenti (non risultanti dagli atti processuali) li farò nel prosieguo della trattazione di altri casi connessi.

 

Al momento non aggiungo altro perché ho paura.

E la paura corre sul filo della giustizia.